15 Marzo 2025
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Segnare è come respirare, anche a 43 anni

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Servizio di Maurizio Longhi @riproduzione riservata

Ha giocato in serie A ad altissimi livelli, ci è arrivato con merito, attirando su di sé le attenzioni dell’Udinese dopo aver fatto sfracelli in serie B con la maglia della Triestina. Quei 22 gol in maglia alabardata, valsero a Dino Fava Passaro la vetrina della massima serie, su di lui aveva puntato forte l’Udinese. In questi casi, la domanda è sempre la stessa: riuscirà a ripetersi anche in serie A? Nell’asta del fantacalcio, bisogna fare sempre riferimento a quanto successo l’anno precedente tra i cadetti, perché ci potrebbero essere delle pedine che, trascurate ai più, si possono prendere con pochi fantamiliardi rappresentando poi un valore aggiunto. Quell’anno, il 2003-2004, ebbero una grande intuizione quelli che puntarono sull’attaccante di Formia che, in terra friulana, dimostrò di saperci stare eccome in serie A andando in doppia cifra. L’anno successivo, quindi, era diventato oggetto del contendere per gli amanti del fantacalcio, dimostrando che quando si ha il gol nel Dna, la categoria è relativa.

Era all’apice della sua carriera, il Napoli era sprofondato in serie C1 e, a gennaio, voleva allestire un organico mostruoso per risalire immediatamente. Il progetto era ambizioso, quella partenopea era diventata una piazza ambita, Pierpaolo Marino provò il colpo grosso: Dino Fava. Il quale partecipò anche ad una trasmissione sportiva in una tv locale napoletana, gli ospiti in studio, ad un certo punto, fermarono la diretta intonandogli cori. Era una opera di persuasione, strappare Fava dalla serie A per portarlo all’ombra del Vesuvio sarebbe stata una operazione da Oscar. Lui, con molta educazione, disse stesso quella sera: “Non vorrei illudere tanta gente, non sarebbe corretto”, facendo riferimento a quei tifosi che lo osannavano. Non poteva tuffarsi nel vuoto in modo scriteriato, c’era una nobile decaduta della quale sarebbe diventato una stella e una piazza tra le più calorose d’Italia pronta ad incoronarlo, ma ci sono situazioni in cui la ragione non deve essere offuscata da altro. Si era imposto all’attenzione con la Triestina in B proprio sperando nel grande salto e, ora che aveva realizzato il sogno della massima serie, che senso avrebbe avuto scendere addirittura di due categorie?

Passare dal segnare nel tempio di San Siro a calcare i polverosi campi di Sora e Martina Franca lo si può fare al crepuscolo di una carriera, non nel suo momento d’oro. E poi, con la maglia bianconera si tolse la soddisfazione di guadagnarsi la Champions League in una grande annata per la squadra allenata da Spalletti. La scelta di andare a Treviso ne tarpò un po’ le ali perché quella squadra non era attrezzata per restare in serie A e, dopo essere rimasto un altro in biancoceleste, decise di rilanciarsi a Bologna. Fu una stagione strana, di alti e bassi, ma fu lui a siglare i gol decisivi per la promozione in A dei felsinei, tant’è che gli hanno dedicato e intitolato anche capitoli di libri. Del resto, per farsi ricordare può essere sufficiente essere professionali, sudare la maglia e aspettare i momenti giusti per lasciare il segno. Dopo una carriera gratificante dal punto di vista personale, alla soglia dei 40 anni, bomber Fava decise che non era ancora arrivato il momento di appendere le scarpette al chiodo.

Perché non divertirsi in Eccellenza, a due passi da casa, con la maglia della Sessana? Un’annata straordinaria per la squadra aurunca, si diceva che la Turris avrebbe disputato un campionato a parte, che nessuna squadra potesse neanche lontanamente impensierire la corazzata corallina. Invece, gli aurunci di Fava fino all’ultimo fecero sentire il fiato sul collo al team torrese. Aveva ormai 39 anni quando alla sua porta bussò il Portici. Era febbraio inoltrato, il campionato sarebbe finito ad aprile, neanche il tempo di rimettersi in forma. Sapeva che la vera stagione sarebbe stata quella successiva. E, a suon di gol, festeggiò la vittoria di campionato e coppa Italia alla tenera età di 40 anni. Tutti sorpresi dal fatto che fosse decisivo in una età in cui quasi tutti i suoi colleghi pongono la parola fine al calcio giocato. Era diventato un idolo della piazza vesuviana, quando giocava lui si stava tranquilli, visti i risultati conseguiti aveva chiuso in bellezza la sua carriera. Chiuso? Ma neanche per sogno, i 41 anni gli scivolavano addosso, la chiamata da Torre Annunziata non lo lasciò insensibile.

19 gol con la casacca biancoscudata del Savoia, cosa volete che siano? Campionato e coppa Italia portati a casa, un remake della stagione passata. Congedarsi in quel modo non era affatto male. Ma, nel mondo di Dino Fava, 42 anni non sono niente, dopo aver vinto a Portici e a Torre Annunziata, perché non provare a farlo anche a Giugliano? Tra l’altro, nell’avventura con i tigrotti era accompagnato da tanti compagni di squadra con i quali aveva vinto il campionato in terra oplontina. Quel Giugliano era proprio un rullo compressore, Fava mantenne una certa sobrietà sul rettangolo di gioco: 26 gol in 30 partite. Eppure, la Frattese, sulla carta molto inferiore alla squadra passata dalla guida di De Stefano prima e Agovino poi, non mollò la presa e, per decretare la vittoria del campionato, fu necessario lo spareggio in campo neutro. Spettacolo degno almeno del professionismo al “Menti” di Castellammare tra Giugliano e Frattese. Stadio pieno in ogni ordine di posto, davvero uno spot per il calcio. Si mise male per il Giugliano che rimase in inferiorità numerica, la Frattese arrembava per cercare il gol vittoria ma, in questi casi, uno come Fava vale per due e fu lui, nel momento più delicato, a regalare il sogno serie D ad una grande piazza affamata di calcio.

Grande gioia anche per patron Sestile, che fece giusto in tempo per vivere un’annata storica, frutto soprattutto dei suoi sacrifici, prima di passare prematuramente a miglior vita lasciando un vuoto grande nella piazza giuglianese. Peccato per la coppa Italia, sfumata ai rigori contro l’Audax Cervinara, ma in quel piovoso pomeriggio di fine gennaio si gettarono le basi per andarono all’assalto del campionato. Che fare a 43 anni? Sembra brutto congedarsi senza aver regalato grandi emozioni anche ad un’altra piazza campana come Afragola, un gentleman non si comporta così, sarebbe stato troppo scortese. Così accetta di vestirsi di rossoblu arrivando subito in doppia cifra, vincendo la coppa Italia e pronto a festeggiare la vittoria di un altro campionato prima che venisse sospeso per l’emergenza covid-19. Ormai la sua Afragolese aveva preso il largo rispetto alle altre antagoniste, mancava poco al sempiterno Fava per festeggiare la sua quarta perla consecutiva.

Chissà quale sia il suo elisir di eterna giovinezza, in campo è un cannibale come 15 anni fa, non ha pietà per nessuno. Fuori dal campo, invece, si capisce perché sia arrivato a certi livelli, basta parlargli anche per qualche minuto. È di una educazione esemplare, ringrazia per qualsiasi cosa, rispetta tutti e non dice mai una parola fuori posto, anzi, si contraddistingue per discrezione e generosità. Mette la sua esperienza al servizio del gruppo del quale è a disposizione, si sacrifica per gli altri, fornisce il buon esempio con un comportamento professionalmente irreprensibile. Nessun atteggiamento da primadonna, non gli interessa attingere al suo passato per affermarsi nel presente, per lui è naturale mettersi sullo stesso piano di tutti gli altri pur sapendo di non potersi permettere brutte figure. A 43 anni si mette in gioco e ci mette la faccia, e poi cosa volete che siano 43 anni? Ne restano un’altra decina per infiammare le piazze a suon di gol e vittorie. Stiamo scherzando, eh, mica ci prendi in parola?

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Giornalista pubblicista e' uno dei fondatori di www.footballweb.it

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