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Servizio di Maurizio Longhi – Vice Direttore FBW @riproduzione riservata
La sua strada doveva incrociarsi con quella del Portici, era inevitabile, era scritto nel destino. Quando si è presentata la possibilità di approdare nella città della Reggia, Tommaso Manzo non ha avuto bisogno di alcun consiglio. Di padre in figlio. Eh sì, perché il nuovo top player azzurro, sui cui piedi albergano i sogni dei tifosi, è un figlio d’arte visto che anche il padre è stato un giocatore facendo, tra l’altro, le fortune proprio del Portici. Questa foto li mette a confronto, epoche diverse ma la storia non si ferma, è fatta di memoria ma anche di progettualità. Manzo senior ha scritto la storia di quel Portici, di cui era leader e capitano, vi ha giocato per ben nove anni fino a conquistare la serie D. E se la storia si ripetesse? Nella vita esistono corsi e ricorsi storici, si scrive Manzo ma si legge gloria porticese.
Domenica scorsa, in quel di Baiano, Manzo jr, anche se è un po’ fuori luogo definirlo così dopo i tanti anni di carriera accumulati alle spalle, è andato ad esultare incrociando gli occhi dei tifosi, ad una distanza più ravvicinata possibile. Un po’ come se già si sentisse legato a quella gente, come se attraverso il padre avesse già assaporato l’aria porticese. Ma ora indossa anche lui quella maglia che fu del padre, come un passaggio di testimone pur a distanza di una generazione. Tommaso vede quella foto del suo papà che controlla palla calpestando l’erba del “San Ciro”, ma ciò che cattura la scena è anche quella muraglia umana sullo sfondo. C’era un popolo intero sugli spalti, una cornice di pubblico da brividi, degna di uno stadio come quello porticese, un gioiello che si può trasformare in una bolgia, in un girone dantesco con la pista d’atletica. Il nostro Tommaso, dunque, vede quella foto, ne mette a fuoco ogni singolo dettaglio e vorrebbe che si rianimasse ma stavolta con lui ad inseguire quel pallone provando l’ebbrezza di giocare in un contesto straordinario.
Chissà che, anziché guardare la foto del padre sognando di esserci lui al posto del suo vecchio, non possa vivere sulla propria pelle una emozione simile. Ma per riempire il “San Ciro” bisogna prima di tutto riaprirlo per le gare casalinghe, inaccettabile che, per negligenza, si debba andare altrove pur avendo un impianto di tale fascino, bellezza e che ammicca a quel Vesuvio che lui chiama Maestà. Un appellativo che denota una certa riverenza, come a volerne rimarcare la grandezza. Noblesse oblige. Tommaso Manzo sentiva Portici già un po’ sua ancor prima di accasarvisi, come se in famiglia ci fosse stata una vera e propria successione. Di padre in figlio. E per un figlio non è facile raccogliere l’eredità di un padre che si è fatto amare, eppure l’inizio lascia ben sperare. Siamo solo all’alba di questa nuova era, auspicando un futuro d’oro, Manzo jr può riprendere l’arazzo del padre e dar vita ad un altro capolavoro. Che abbia inizio il regno di Tommaso I…
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