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“Mio padre morì per un tumore al pancreas quando avevo 15 anni. Fu un dolore fortissimo.
Nei mesi precedenti, durante la malattia, non riusciva più ad accompagnarmi agli allenamenti.
Mi sentivo solo, il club capii la situazione e mi fece tornare a casa per un po’ di tempo.
Sei mesi erano troppo pochi e mi venne la tentazione di mollare tutto.
Dopo essere rimasto orfano, andai a dormire in una pensione del club, stavo male, mi chiudevo in bagno a piangere tutti i giorni. Non mollai perché mio padre aveva un sogno: che uno dei suoi figli diventasse calciatore.
Perciò io dovevo farcela: per onorare la memoria di papà ed esaudire il suo desiderio. Oggi sarebbe orgoglioso di me.
Forse un giorno lo ritroverò o forse no, a papà però penso sempre, anche oggi quando parlo di lui con mamma, piango perché mi manca molto.
A lui dedico tutti i miei gol.
Quando abbiamo un pallone tra i piedi, noi calciatori siamo felicissimi. Quello che succede dietro, nel retropalco, spesso non è proprio bellissimo.
Cosa diventa un calciatore quando arriva al mio livello? Il più delle volte un uomo molto solo. Dio ci dà un dono, ma poi quel dono va lavorato.
Le cose negative che ti accadono restano. E lasciano un segno.
Per questo sono diffidente e per questo mi riesce difficile credere e avere totale fiducia nelle persone. Anche con le ragazze. Penso sempre che almeno il 90% di loro non si avvicini a me per amore o per il mio bel faccino, ma per altro.
Magari per approfittare della notorietà e ottenerne a sua volta. So che è triste dirlo, però è la verità.
Il mio è un mondo in cui devi stare attento a molti aspetti, in cui se non guardi con attenzione alle cose soffri molto più di quanto tu non goda.
Per questo dico ai bambini, godetevi il gioco finché resta tale. Dopo cambia. Cambia inevitabilmente”.
Buon compleanno Paulo Dybala… ❤️
Fonte: Vanity Fair
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