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Che scoppola. Certe partite, dove ogni pallone vale triplo, vanno giocate con ben altre caratteristiche. L’Arsenal le ha, il Milan no. O almeno non ancora. Se qualcuno, tra i tifosi rossoneri, si era illuso che fosse una passeggiata, Wenger ha fugato tutti i dubbi. Non lo è, tutt’altro. È un Everest enigmatico tutto da scalare al ritorno, adesso.
Servirà l’impresa, come si dice in questi casi. Un’impresa che non si sa manco se sia davvero alla portata di questo Milan, tanto volitivo nella striscia precedente di risultati positivi, quanto svogliato e impreciso nella serata europea di stasera a San Siro. Sarebbe potuta essere una partita diversa, se solo Çalhanoglu avesse lasciato il piede tra le grinfie di Ospina, col portiere colombiano nettamente in ritardo. Sarebbe stato sicuramente rigore e, chissà, magari la porta scorrevole avrebbe aperto scenari diversi. Non è andata così.
L’hanno vinta col bollino di qualità. I Gunners hanno sempre avuto il pallino per queste cose. Tanta corsa (e rin-corsa) a vuoto contro i moschettieri Ramsey, Wilshere, Xhaka, Ozil, Mkhitaryan. Cinque contro tre. E che cinque. Più che cinque, una cinquina, stampata a mo’ di schiaffo del soldato, ad ogni disattenzione. C’è da ringraziare, piuttosto, che là davanti non ci fossero né i leoni Aubameyang né Lacazette, ma la gazzella docile Welbeck.
Gli inglesi hanno concesso spazi alle ripartenze, d’altronde Koscielny è quello che Ibra divorò in un solo boccone e Mustafi non è esattamente Mathias Sammer. Il Milan non ha saputo essere letale. È mancato il pressing alto, è mancata velocità, è mancata ampiezza. Suso e Çalhanoglu sono stati ingabbiati in raddoppi sistematici sull’esterno. Kolasinac si è mangiato lo spagnolo e il povero Calabria in entrambe le fasi.
I rossoneri sono una squadra relativamente giovane, ma devono farsi le ossa presto. Hanno pagato scarsa fisicità, con un arbitro avvezzo al lasciar correre, non hanno saputo essere gattusiano. Il modello a cui ispirarsi per il tentativo di blitz londinese dovrà necessariamente essere la Juve. Compattezza, malizia e cinismo. Quanto meno per uscire a testa alta dall’Emirates Stadium, senza lasciare nulla di intentato.
Il problema è che il Milan, un Higuain, non ce l’ha mica.
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