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Servizio di Maurizio Longhi @riproduzione riservata
“Penso che un anno così non ritorni mai più”, è molto probabile che lo pensi ogni appassionato di calcio italiano. Quell’anno è il 1989-1990, dove le squadre italiane cannibalizzarono tutti i trofei, portandoli tutti nel Belpaese, nessuno che si azzardò a dire “lasciateci almeno le briciole”. No, manco quelle, bisognava portare in Italia tutto ciò che brillava, che scintillava, che luccicava di oro. Uno dei migliori giornalisti italiani, Marino Bartoletti, ha pubblicato sul suo profilo Facebook la copertina del Guerin Sportivo che celebrò i successi italiani. In campionato giocava ancora un certo Diego Armando Maradona, che tre anni prima aveva fatto vincere al Napoli uno storico scudetto, in quel maggio 1987 che non potrà mai essere dimenticato. L’anno successivo si era quasi pronti per festeggiare il secondo tricolore consecutivo, i giochi sembravano fatti quando, nel rush finale, il Napoli subì una flessione assurda perdendo il campionato al San Paolo contro il Milan di Sacchi. E proprio contro i rossoneri del tecnico emiliano ci fu il testa a testa anche nel campionato ’89-’90.
Quel Milan dei tre olandesi era stratosferico, mentre nel Napoli la sensazione era che Maradona avesse perso entusiasmo e che spingesse per la cessione al Marsiglia, tant’è che nelle prime quattro giornate si dovette fare a meno di lui prima che ritornasse più carico che mai. Nonostante ciò, il Napoli di Albertino Bigon era strutturato per lottare al vertice, lo stesso il Milan. All’andata, al San Paolo, i partenopei si imposero con un netto 3-0, mentre al ritorno, a San Siro, il risultato fu lo stesso, ma in favore dei rossoneri. Dopo quella giornata, si pensava che gli uomini di Sacchi l’avrebbero spuntata, ma per quanto possano essere importanti gli scontri diretti, è in provincia che si vincono gli scudetti. Qualcosa cambiò alla quart’ultima giornata con il Milan impegnato a Bologna e il Napoli nel clima ostile e infuocato di Bergamo. I rossoneri non andarono al di là del pari, ma con tante polemiche per un gol regolarissimo annullato ai felsinei di Maifredi, mentre il Napoli vinse a tavolino per la monetina che colpì Alemao costretto ad uscire anzitempo. Ci fu l’aggancio a tre giornate dalla fine. Alla penultima successe il patatrac per il Milan.
Mentre il Napoli dettava legge proprio a Bologna, i rossoneri, nonostante il vantaggio iniziale, caddero nella “fatal Verona”. All’ultima giornata, vincendo contro la Lazio in un San Paolo gremito, il Napoli si laureò per la seconda volta campione d’Italia. Il timoniere di quella milizia azzurra fu Albertino Bigon, che arrivò all’ombra del Vesuvio senza alcuna etichetta di pluridecorato, del resto si era limitato a salvare il Cesena prima di portare il Napoli alla sua seconda impresa. Il Milan, però, seppe consolarsi alla grande quell’anno vincendo per la seconda volta consecutiva l’attuale Champions League, che in quegli anni si chiamava ancora Coppa dei Campioni. L’anno prima aveva superato la Steaua Bucarest in finale, mentre nel ’90, nella finale di Vienna, fu il Benfica ad arrendersi, giustiziato dal gol di Rijkaard. Milan ancora sul tetto d’Europa, a certificare uno strapotere mostruoso. Fu tortuoso il percorso per arrivare in finale, soprattutto nella doppia semifinale contro il Bayern Monaco. Dopo la vittoria di misura all’andata, all’Olympiastadion prevalsero i bavaresi con lo stesso risultato. Si andò ai supplementari e la sconfitta per 2-1 fu indolore, perché il gol del compianto Borgonovo bastò alla corazzata di Sacchi per assicurarsi il biglietto per Vienna.
Probabilmente, fu anche l’impegno europeo a togliere al Milan energie in campo nazionale, visto che oltre al campionato sfumò anche la Coppa Italia, che andò alla Juventus. I bianconeri di Dino Zoff, nonostante non fossero mai stati competitivi per lo scudetto, vinsero sia la Coppa Italia che la Coppa Uefa. La prima arrivò addirittura in casa dei campioni d’Europa del Milan. L’andata, a Torino, finì 0-0, poi a San Siro la rete di Galia fece festeggiare Madama. La quale si aggiudicò anche la Coppa Uefa nella finale tutta italiana contro la Fiorentina di Ciccio Graziani. In quella Juve militava Totò Schillaci, la stella della Nazionale di Azeglio Vicini ai Mondiali di Italia ’90. Finito qui? Niente affatto, perché restava la Coppa delle Coppe e non poteva che andare ancora ad una italiana. C’era una Sampdoria che non era affatto male con i dioscuri Vialli-Mancini in attacco. Fu proprio una doppietta di Vialli, ai tempi supplementari, ad essere decisiva per i blucerchiati di Boskov nella finale contro l’Anderlecht. Il campionato italiano era il più ambito, i campioni giocavano nello Stivale, c’era un livello di competitività da fare spavento. A certificarlo fu proprio il Mondiale di Italia ’90, che purtroppo fu amaro per gli azzurri che persero ai rigori la semifinale al San Paolo contro l’Argentina di Maradona.
Quella notte lacerante per i napoletani, combattuti tra l’amore per la propria patria e per il proprio eroe. Al vantaggio italiano dello juventino Schillaci, il pareggio fu siglato da Caniggia, in forza all’Atalanta. Ad aggiudicarsi la competizione iridata battendo all’Olimpico di Roma l’Argentina del Pibe de Oro, fu la Germania Ovest, i cui giocatori più rappresentativi erano tutti “italiani”. A partire da quello che, a cinque minuti dalla fine, segnò il rigore decisivo, l’interista Brehme. Ma anche capitan Matthaus era una colonna dell’Inter, così come la punta Klinsmann, che giocava in coppia con Voller, in forza alla Roma. Mancò solo la vittoria del Mondiale e davvero sarebbe stato en plein, furono fatali i rigori alla Nazionale di Vicini. Nella finale di Roma non c’era l’azzurro dell’Italia, ma c’era tantissimo campionato italiano, nel quale militavano le squadre più forti d’Europa e del mondo. Lecito che possa sorgere l’ultima domanda: ma quell’Inter di impronta tedesca allenata da Trapattoni non vinse niente in quella stagione? Ci pensò l’anno prima, portandosi a casa lo scudetto, e l’anno dopo mise in bacheca la Coppa Uefa, tra l’altro in un’altra finale tutta italiana contro la Roma. Che spettacolo giocare in Italia in quegli anni, ma soprattutto il 1989-1990 fu irripetibile, il calcio italiano come un rullo compressore capace di schiantare chiunque in ogni competizione. Chissà se ritorneranno mai quei fasti.
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