24 Aprile 2025
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Italia, serve Chiesa al centro del villaggio

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Senza infamia e senza lode. L’Italia muove i primi passi nella Uefa Nations League esattamente come aveva fatto poco prima di sparire dal radar dei Mondiali, contro la Svezia. Incerta, claudicante, come un apprendista ballerino sgraziato e impacciato alle prese coi balli caraibici. La Polonia non fa granchè per conquistare il bottino pieno, quasi più attenta a non prenderle che a darle. Eppure strappa un pareggio in scioltezza, contro gli azzurri che si sbattono e si dimenano come le comparse fumose di un film di qualità scadente sulle arti marziali.

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Mancini sa che il fantasma di Ventura aleggia ancora nelle camere di tutti gli italiani calciofili e si fissa l’obiettivo di regalare un’Italia talento e bollicine, affidandosi al tridente spregiudicato formato da Bernardeschi, Insigne e Balotelli. Lo champagne, però, resta in frigo e i tre, al massimo, concedono qualche sorso di una qualche sottomarca di spumante da discount, iniziative solitarie e velleitarie. Epilogo logico è la beffa dello svantaggio, con Jorginho che si addormenta in una delle sue piroette da carillon e il “napoletano” Zielinski che regala un dispiacere agli azzurri italici, portando avanti i suoi.

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Se l’intenzione era quella di cambiare marcia rispetto al passato ed innestare una qualche trazione anteriore, l’esperimento al momento è fallito. La doppia regia di Bonucci e Jorginho risulta scollegata dal resto dello scacchiere tattico, che si muove in maniera disomogenea, lasciando troppo spazio tra i reparti. Bene le sovrapposizioni sistematiche dei terzini, che regalano spesso agli esterni offensivi a piedi invertiti Bernardeschi e Insigne alternative al rientro canonico al tiro. Tuttavia, sia Biraghi che Zappacosta si dimostrano poco precisi al cross, prendendo di mira i difensori a pallonate. Mancini ha le sue convinzioni e sarà difficile scardinarle. Balotelli trova spazio nell’undici iniziale pur mostrando una condizione lontana dai tempi migliori. Gagliardini appare un punto fermo nelle idee del tecnico jesino, ma il centrocampista dell’Inter risulta inconsistente e svagato, lasciando sovente il baricentro del pressing in lidi troppo arretrati.

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Insomma, se l’Italia ha degli equilibri da ritrovare, non sembra l’assetto visto a Bologna la chiave. A meno che non si riveda il match a partire dal minuto 70, quando Chiesa prende il posto di Insigne. E’ tutto lì il cambio di passo, nei piedi del figlio d’arte viola, che taglia gli spazi con facilità estrema e si incunea nei vicoletti dell’arcigna difesa polacca. Si guadagna il rigore discutibile del pari, con cui redimere l’anima di Jorginho, e tiene in apprensione ad ogni scatto i suoi avversari, con la complicità del coriaceo Belotti.  Se Juventus, Inter e Napoli sono pronte a fare carte false per averlo, un motivo ci sarà. Nel grigiore opaco di una nazionale lenta e prevedibile, il talento scintillante di Chiesa è l’unica luce da seguire. Se Mancini non avrà paura di puntare sui giovani come ha voluto dimostrare con la convocazione di Zaniolo, non potrà fare altro che lasciare il timone a lui. 

About Valerio Lauri 761 Articoli
Nato nella Nola di Giordano Bruno e cresciuto a pane e calcio. Amante della parola scritta, evasione dalle indigestioni di matematica e informatica universitarie. Appassionato di musica a 360 gradi e lettura, nostalgico ma teso alle novità.

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