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Servizio di Angelo Bosio @riproduzione riservata
Il derby della Capitale si rivela una partita agonisticamente intensa, ma tecnicamente poco interessante, fatta eccezione per qualche spunto che decide la contesa. La squadra giallorossa prevale grazie a un rigore che non c’è, perché il fallo su Dzeko è netto, ma fuori area, e alla velocità in campo aperto della freccia nera, alias Gervinho. L’apertura del gladiatore Naingollan per l’attaccante ivoriano è un’invenzione semplice ma efficace. Gervinho, con uno scatto dei suoi, brucia il laziale Basta e insacca il secondo gol. Bene, ma il gioco di squadra rimane ignoto. Partiamo dal reparto arretrato. Le note positive sono sempre e solo per il centrale Manolas, anche se è da registrare un lieve miglioramento nelle prestazioni di Rudiger. Forse, quella contro la Lazio è la miglior partita dello stopper arrivato dallo Stoccarda. Il terzino Digne, dopo le prime uscite positive, mostra evidenti lacune in fase di copertura. È bravo a attaccare e a mettere qualche buon cross, ma non a difendere. Infatti soffre molto la velocità e le incursioni di Candreva. Anche Torosidis va qualche volta nel pallone, ma almeno esegue il compitino. E si guadagna la pagnotta. In ogni caso, non sembrano calciatori all’altezza di competere a livello internazionale. In mezzo al campo, per la qualità dei passaggi, si nota l’assenza dell’indolente Pjanić. Vainqueur si limita a mantenere la posizione e a fare la giocata semplice, senza mostrare particolari doti. Lo stesso discorso vale per Iago Falque, che non riesce a conquistarsi il fondo per mettere qualche palla in mezzo, come invece ha fatto in altre uscite. Non giudicabili i calciatori entrati nel secondo tempo, Florenzi e Keita. Anzi, il Maliano fallisce un’occasione clamorosa, non da lui, che regalerebbe la terza marcatura alla Roma. In attacco, Salah, fino al momento in cui è in campo, delizia la platea con scatti esaltanti che però non incidono sul risultato. Poi abbandona il prato verde dopo un fallo da codice penale di Lulic, che quasi gli spezza una caviglia. Gervinho, quando viene colpevolmente trascurato dai difensori, dimostra di essere letale, e non solo per la marcatura. Dzeko è in lenta ripresa, molto lenta. Diciamo che da elefante africano è passato a pachiderma indiano (più piccolo e dunque leggermente più mobile). Scherzi a parte, escludendo il rigore guadagnato e trasformato, non sembra l’uomo per il quale la società deve fare uno sforzo e mettere sul piatto più di venti milioni di euro, a giugno. Sicuramente i tifosi più accesi saranno molto contenti per il risultato conseguito dalla propria squadra, ma l’opinione di questa rubrica è un po’ diversa. La Roma di Garcia non ha un solido collettivo, ma solo individualità che, in un determinato momento, escogitano qualcosa e sbloccano l’inerzia della partita. E si mette in mezzo pure la fortuna, che nega a Felipe Anderson un gol decisamente meritato, per come dribbla il povero Vainqueur (tunnel di esterno destro), e per la traiettoria del tiro, che si stampa sul palo. Questione di centimetri, appunto. Gli stessi che inducono il direttore di gara a fischiare un rigore inventato.
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