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Quando ha avuto il primo impatto con il calcio? “Appena ho cominciato a camminare, direi, ma la prima volta che sono entrato in uno stadio, avevo poco più di quattro anni, fu al San Vito – Marulla di Cosenza, credo che quel giorno nacque la vera e propria passione”. Quando hai capito che poteva diventare un lavoro? “Quando decisero di tesserarmi al Boca Juniors, segnando un gol all’incrocio, dopo pochi minuti dal mio ingresso in campo in una partita a Buenos Aires. C’è una selezione incredibile per entrare nel Boca e far parte delle giovanili di un club così prestigioso è un sogno per qualsiasi ragazzo argentino”. Hai cominciato nelle giovanili di Reggina e Roma cosa ricordi di quei tempi? “Ero molto piccolo e prendevo tutto come un gioco, come è giusto che sia. Di Reggio ricordo il Sant’Agata, il lungomare bellissimo e tanti piccoli amici, molti dei quali hanno proseguito nel calcio. Di Roma, ricordo benissimo il mio gol all’esordio, una gioia indescrivibile, non stavo più nella pelle. Fu Bruno Conti a vedermi per primo in campo e a farmi tesserare. Vivevo a Trigoria, in mezzo al verde e a due passi dal centro sportivo della Roma. Ci allenavamo nel campo vicino in quello in cui si allenavano campioni del calibro di Totti, De Rossi, Mexes. Con i compagni ci fermavamo a vederli.” Poi trasferimento in Argentina Boca Junior emozioni ed esperienza? “Credo fra tutti i ricordi di quella esperienza, rimarranno impressi per sempre la Casa Amarilla, i compagni come Bentancur, e il livello tecnico altissimo che esprimeva la squadra. Ma l’emozione più grande l’ho vissuta entrando nel prato della Bombonera per realizzare una intervista con la RAI. La Bombonera è qualcosa di unico nel Mondo. Poi Huracan esperienza negativa, vuoi raccontarcela? “Dopo il mancato trasferimento dal Boca al Torino, per via di una legge FIFA che in quel momento fece naufragare l’operazione (pur essendo italiano, provenivo da una federazione extra europea e ancora minorenne), fui costretto ad andare in Uruguay, l’unica finestra di mercato in quel periodo era quella della seconda divisione e firmai un biennale con l’Huracan FC. Dopo aver giocato le prime tre giornate di campionato, una frattura alla mano mi costringe a fermarmi ma nel frattempo il Club ha problemi economici e non riesce a pagare gli stipendi. Non si iscrive al campionato di “Transicion” ma io rimango legato a quella clausola rescissoria di duemilioni. Dopo aver fatto ricorso con il sostegno di avvocati del settore, da qualche mese sono di nuovo libero di firmare con qualsiasi Club Europeo, perchè l’idea è quella di tornare in Italia o in Europa. Anche se ho offerte in Sudamerica”. Anche se sei giovane hai già un buon curriculum raccontaci un aneddoto di questi anni? “Mentre ero in attesa di un transfer che non è mai arrivato, a diciassette anni, dopo un allenamento con la prima squadra del Toro agli ordini di Ventura, ricordo l’incoraggiamento e l’affetto dei tifosi del Toro che mi hanno fatto sentire uno di casa… sono cose che rimarranno per sempre impresse nel mio cuore.” Mi dicevi che hai già dei contatti per tornare a giocare in Italia. Quali sono Le tue ambizioni? “In realtà in Europa c’è interesse anche fuori dall’Italia, ci sono contatti con un Club di A Belga e Spagnolo, in Italia stiamo parlando con una società di A che mi girerebbe in prestito a farmi le ossa e con due club di B. Nonostante la pausa forzata, in questi mesi mi sono allenato con un club de primera Argentino, ho bisogno del calcio a livello agonistico. Sono uscito da un incubo e credo che a 19 anni sono ancora in tempo per fare tanto. La predisposizione al lavoro e al sacrificio c’è tutta”. Capitolo Var, cosa pensi della tecnologia nel calcio? “Credo che può essere positivo, ma non sarà di certo la soluzione a tutti i problemi”.
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