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Servizio di Maurizio Longhi @riproduzione riservata
La Roma ha compiuto l’impresa, la Juve l’ha sfiorata ma si è guadagnata comunque gli applausi, almeno per quanto visto sul rettangolo di gioco. I giallorossi erano reduci dal 4-1 del Camp Nou, i bianconeri dal pesantissimo 0-3 casalingo. Per entrambe le squadre le speranze di qualificazione sembravano ridotte al lumicino, invece, è stato ribaltato tutto nei secondi 90′, la Juve è stata beffata nell’extratime per un episodio. Il dato evidente è che sia Roma che Juve hanno espresso il massimo del loro potenziale all’acme della disperazione. Probabilmente, se i risultati dell’andata fossero stati più favorevoli, non avrebbero dato in campo tutto ciò che avevano.
Lo sport è metafora di vita, succede che diamo il meglio di noi stessi quando ci sentiamo disperati, quando non abbiamo più nulla da perdere. Qualcuno mette ancora in dubbio l’importanza della sfera emotiva? Se la si riesce a gestire, si è destinati a vincere, chi ne è succube partirà sempre con un pesante handicap. Se un giocatore scende in campo con l’obiettivo di tenere un determinato atteggiamento, riuscirà a farlo solo se si libera dall’eccessiva tensione. Ci si chiede come sia possibile che una squadra inizi a giocare bene solo quando si ritrova sotto di più di tre gol, semplice: è perché viene meno l’incidenza dell’aspetto emotivo, la mente si libera di tutto il peso della tensione e si gioca con più scioltezza. Solo che a quel punto, solitamente, manca il tempo di recuperare e si finisce col soccombere e con il rammarico di pensare che, giocando dal primo minuto con la lucidità affiorata in corso d’opera, il risultato sarebbe stato diverso.
Ecco perché lavorare sul lato emotivo diventa più importante rispetto alle questioni tecnico-tattiche, si possono memorizzare alla perfezione tutti gli schemi ma se non si è padroni delle diverse situazioni, l’ordine tattico può risultare fine a se stesso. Quante imprese sono state compiute quando era la disperazione a farla da padrona! È strano ammettere che le gioie più belle sono quelle che arrivano dopo i più atroci fallimenti. Per la Juve era stato un disastro perdere in quel modo nel proprio stadio, anche perché nessuno, se non qualche folle, avrebbe mai immaginato di potersi imporre nella bolgia del Bernabeu con tre gol di scarto.
Invece, l’impresa era ormai a portata di mano, forse si era speso troppo per far tremare un tempio del calcio, che all’ultimo secondo è arrivata la distrazione fatale che ha provocato il rigore trasformato da Cristiano Ronaldo. La Roma, poi, è stata epica e leggendaria, sostenuta da un Olimpico rivelatosi davvero il dodicesimo uomo in campo contribuendo nel travolgere il Barcellona. Dopo il 4-1 dell’andata, qualcuno pensava che i capitolini potessero mettere a ferro e fuoco i campioni di Spagna? Chi ha visto la partita, non ha potuto fare altro che rimanere sbalordito di fronte alla netta superiorità degli uomini di Di Francesco al cospetto dei vari Messi, Suarez e Iniesta.
Con il cuore niente è impossibile, e anche con la dovuta umiltà, le prerogative necessarie per credere nelle grandi imprese. Sì, è proprio vero, ci sono situazioni in cui per far uscire tutto il nostro potenziale, dobbiamo ritrovarci ad un passo dal baratro. Bisogna stare sul punto di sprofondare, per riscoprirci più forti di quanto avessimo mai immaginato e, armati di una nuova consapevolezza, ci sentiamo pronti per affrontare qualsiasi insidia e puntare alla vittoria.
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