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A settembre vidi un appartamento che mi piaceva e lo affittai. Mi dissero che gli avrebbero dato giusto una pitturata prima di consegnarmelo. Me lo diedero a marzo. Era al pianoterra di una palazzina di via Scipione Capace, nel quartiere di Posillipo. Al secondo piano, nello stesso complesso, alloggiava il “Pibe de Oro”. Nel tardo pomeriggio del mio primo giorno Maradona venne da me con una tv in mano. “Ci sono le partite di Coppa, ti serve una televisione”. “Grazie Diego, ma vado a mangiare da Bruno e da Sandro, e le vedo là” (erano i nostri compagni Bruno Giordano e Alessandro Renica).
“Una tv in casa ti servirà comunque”. “Ma non sono capace a fare niente manualmente, non saprei farla funzionare”. “Ci penso io”. E si sdraiò a terra passando i cavi di qua, i fili di là, finché sullo schermo non spuntò l’immagine. E’ un esempio non centratissimo, ma rende l’idea. Quando Diego era in disgrazia, e sembrava che anche la vita gli sfuggisse via, non ho sentito una voce di ex compagni, o solo ex colleghi, alzarsi contro di lui. Anche questo rende l’idea. Comunque, a chi mi chiede chi era Maradona, io posso rispondere tranquillamente: “Il mio elettricista”.
[Eraldo Pecci]
Fonte: “Il Toro non può perdere”, racconto scritto da Eraldo Pecci.
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