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Vittorio Mero aveva solo 27 anni, quando il 23 Gennaio 2002 fu protagonista di un incidente stradale che gli costò la sua stessa vita. Stava ritornando a casa nello stesso giorno di Parma-Brescia che si doveva giocare alle 17.30. Non avrebbe partecipato in quanto squalificato. All’altezza di Cazzago San Martino e fra i caselli di Ospitaletto e Rovato in direzione Venezia, il tragico scontro. Cresciuto nella Pro Belvedere Vercelli esordì a 17 anni con la maglia del Casale, nel 1991/92. Successivamente passò al Parma per un anno in campionato primavera per poi essere nuovamente girato al Crevalcore in C2 dove vinse il campionato negli anni 1993/94. Nel 1995, poi, venne acquistato dal Ravenna con cui disputò tre stagioni riuscendo ad ottenere una promozione in Serie B. Approdò al Brescia, infine, nel 1998/99 e conquistò la promozione in A un anno dopo. Dopo una piccola parentesi a Terni nella stagione 2000/01, tornò in Lombardia e lo fece conquistando la fascia da capitano. Diventò uno dei giocatori più amati dalla tifoseria bresciana. Partecipò con i compagni alla Coppa Intertoto del 2001 perdendo, purtroppo, una prestigiosa finale contro il Psg al Parc des Princes. L’allora allenatore Nedo Sonetti gli diede il soprannome di “Sceriffo” per via della sua serietà e per il suo impegno durante gli allenamenti. Quel tragico giorno di Gennaio, i calciatori del Brescia sul terreno del Tardini vennero a sapere della sua scomparsa poco prima della partita. Tifosi e società erano già a conoscenza dell’accaduto. Roberto Baggio, allora capitano del Brescia, abbandonò il campo seguito dagli altri compagni. La gara fu, quindi, rinviata alla fine del mese. Luigi Corioni, presidente del Brescia, rilasciò alcune dichiarazioni in merito: “Per il Brescia questo e’ il momento piu’ brutto che io mi ricordi. Avete visto tutti come ieri ha reagito la squadra. Mero era un ragazzo amato davvero da tutti in societa’. Purtroppo dobbiamo andare avanti, sono cose difficili da commentare o da spiegare. La vita e’ cosi'”. La società lombarda decise di ritirare la casacca numero 13 indossata da Mero e il presidente sottolineò che nessuno mai avrebbe più indossato la sua maglia. Maglia che sarebbe rimasta nella memoria dei tifosi e della società. Fabrizio Viani, il primissimo tecnico di Vittorio, diede voce al proprio dolore: «Sono sconvolto, era un ragazzo non solo con talento calcistico, ma anche di grandi doti umane. Sapeva farsi amare, era semplice». Si espresse, inoltre, anche l’attuale allenatore del Palermo Eugenio Corini con queste parole: «Una volta avevamo litigato in campo, in Chievo-Ternana, e poi d’ estate ci siamo ritrovati a riderci su. Questo ti fa capire come certe volte si possa litigare per cose assurde: ha lasciato moglie e un bambino, il mio pensiero va a loro». Abbiamo provato a raccontare ciò che è successo. Non possiamo di certo immaginare il dolore della famiglia che ancora oggi lo ricorda come un esempio da seguire. Concludiamo quest’articolo dicendo che Mero non capì mai il vero motivo della squalifica che lo portò dritto alla morte e a non giocare Parma-Brescia quel giorno. Quando il calcio si intreccia alla vita portando via chi non meritava di morire non resta che omaggiare e pregare. Quel giorno il calcio strappò la vita di un uomo che si impegnava ogni giorno per sudare la maglia in campo. Per essere ricordato. Per lasciare un segno nel Brescia. Nel mondo del calcio e nella vita. Mentre tu ci hai già lasciati da 13 anni ormai, noi ti ricordiamo ancora. Ebbene sì, ci sei riuscito a farti ricordare. Come riuscirai a rimanere stampato nel cuore di ogni tifoso bresciano e di ogni tifoso del calcio italiano.

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