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Abbiamo incontrato il Mental Coach Moreno Ruspi. Moreno per ora non si occupa di calcio ma di altri sport essendo anche lui un atleta. Interessante come sia diverso “ allenare “ le donne rispetto agli uomini e i giovani rispetto ai senior.
Mental coach lavoro intrigante da quando svolgi questa attività?
Circa 5 anni fa ho iniziato delle sessioni di coaching con Anna Mei, la pluricampionessa di ultracycling. L’ho aiutata a preparare “mentalmente” il suo record di 1000 km su pista, che ha ottenuto in 35 ore e 11 minuti.
Se volessi seguire le Tue orme cosa dovrei fare?
Oggi in Italia ci sono sempre più scuole di formazione che preparano al coaching, con percorsi diversificati nella durata e nell’investimento economico.
Io mi sono avvicinato alla crescita personale in seguito ad un serio problema fisico causato da stress emotivo prolungato. Il mio obiettivo era capire come comportarmi per riuscire a gestire meglio le mie emozioni, soprattutto quelle negative. Successivamente, per ben 2 volte, mi sono certificato nel Pratictioner e Master in PNL. Dopo la prima certificazione ho capito che il mia nuova mission era quello di mettere a disposizione questo potenziale soprattutto agli sportivi.
In questi ultimi anni ho frequentato un Master Internazionale in Coaching ad Alte Prestazioni superando moltissime prove, tra le quali scrivere un libro, READY; SET; GO! 7 PASSI PER VINCERE NELLO SPORT.
Un percorso formativo di oltre 10 anni, che mi permette oggi di unire alle tecniche che utilizzo nel coaching, la mia esperienza di atleta agonista a livello mondiale nel paracadutismo sportivo.
Cerco di trasferire oltre alla mia professionalità, la passione e la disciplina che ho avuto nei lunghi anni di attività agonistica, e che credo siano caratteristiche fondamentali per raggiungere risultati importanti nello sport.
Quali tipi di atleti segui?
In questo momento, oltre ad Anna Mei, seguo 4 ragazzi nel pattinaggio in linea, tra i quali spicca Andrea Cremaschi, un giovane ed eccellente atleta nazionale che recentemente ha vinto 6 medaglie agli europei, e un ciclista.
Periodicamente propongo “AllenaMente”, un corso per tutti, dove partendo sempre dallo sport insegno alle persone le stesse tecniche che ho utilizzato per vincere la medaglia di bronzo ai mondiali di Paracadutismo, e che possono utilizzare nella loro vita, per vincere nel business come nelle relazioni personali.
Segui anche i calciatori?
No, ad oggi non mi si è ancora presentata l’occasione per seguire calciatori. Amo il calcio, sono tifoso del Milan e sicuramente mi piacerebbe avere un’esperienza in questo sport.
Come curi “mentalmente“ gli infortuni?
Come Sport Mental Coach, insegno agli atleti a gestire le interferenze che si possono incontrare durante gli allenamenti e soprattutto in gara. L’infortunio è una grande interferenza, e come tale va innanzitutto metabolizzata e successivamente gestita oltre che a livello fisico soprattutto a livello mentale.
Recentemente, poco prima di una importante gara nazionale, Andrea Cremaschi, durante un suo allenamento ha avuto una forte contrattura che immediatamente l’ha portato in uno stato mentale negativo. Era il suo primo piccolo infortunio da atleta nazionale e Andrea ha voluto subito incontrarmi per chiedermi come gestire quel momento. La prima cosa che faccio è di dare all’atleta piena consapevolezza, in modo di accettare il fatto che l’infortunio è una possibilità. Poi cerco di sostenerlo emotivamente, onde evitare che cada nel tragico errore di rimanere nel “problema”. L’atleta ha 2 scelte possibili.
Quella sbagliata di entrare in un “loop mentale” fatto di frasi tipo “perché capitano tutte a me”, “questo infortunio non ci voleva”, e tutti quei pensieri negativi che generano emozioni negative. Rimanendo focalizzato sul problema, l’atleta perde energia, prende decisioni sbagliate che generano stress, depressione, ecc.
La giusta cosa da fare è quella di piangersi addosso solo il tempo necessario a scaricare la delusione e metabolizzare l’accaduto, per poi concentrarsi di nuovo sulla soluzione, che sarà fatta di cure mediche e trattamenti per il recupero fisico e di una nuova programmazione mentale.
Attraverso l’utilizzo di tecniche di visualizzazione e di trance profonda, riporto l’atleta nel giusto stato potenziante per rimanere focalizzato su ciò che conta e che dovrà realizzare.
Insegno ai miei atleti a gestire e governare le interferenze di qualunque tipo, compresi i brutti infortuni, e da ogni esperienza ad imparare sempre una lezione per diventare più forti dei loro avversari. Molti la chiamano “Resilienza”, io nel mio libro READY, SET; GO! la chiamo “Antifragilità” e la differenze sta proprio nel fatto che nel superare una interferenza, ci si rialza diventando più forti, perché cresce l’esperienza.
La famosa “paura di vincere“ come la gestisci?
La paura di vincere è anch’essa una interferenza, e come tale si può imparare a gestirla. Il nostro cervello ha una programmazione e a differenza di quello che possiamo pensare, questa programmazione è stata fatta da altri e in parte da quello che ci raccontiamo.
Ciò significa che a livello inconscio, spesso inconsapevolmente, non sappiamo di avere il programma “paura di vincere”. Purtroppo c’è, e diventa una nostra convinzione che scatta in automatico, anche se a livello razionale, non la vorremmo mai.
C’è una bella notizia, ed è che è possibile cambiare la programmazione sbagliata, e riscriverla con una nuova convinzione tipo “sono preparato, sono forte e oggi vinco”.
Il cervello è dotato di Neuroplasticità, cioè la sua capacità di modificare la propria struttura in risposta all’esperienza.
Tra la gestione delle atlete e degli atleti noti qualche differenza?
Si, delle differenze ci sono, e generalizzando seguono le evidenti differenze che esistono a livello di pensiero, tra un uomo e una donna, in quanto gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere.
Durante le sedute di coaching, noto che i ragazzi tendono più velocemente a voler risolvere il loro “problema”, e nel momento in cui gli mostro la soluzione tendono ad agire velocemente, senza se e senza ma. Con le ragazze la strada da percorrere è un po’ più lunga, si chiacchera di più, ci sono più obiezioni, ma alla fine si arriva anche per loro alla soluzione.
Mentre tra la gestione dei junior e quella dei senior che differenze noti?
Si ci sono differenze anche nell’approccio tra persone junior e senior. Il giovane ha meno esperienza, meno conoscenze e meno “filtri” e questo è un grande vantaggio durante una sessione di coaching. Noi sappiamo cosa fare e lo facciamo per il loro bene, per i loro obiettivi, il loro miglioramento e possibilmente per portarli a vincere, e avere un atleta che accetta proattivamente l’esercizio senza alcun filtro, convinto di fare la cosa giusta per lui, amplifica il risultato. Con alcuni atleti senior, mi è capitato di allungare i tempi e vedere i risultati più diluiti, proprio perché frapponevano all’esercizio, la loro personale interpretazione, che in quel caso diventa loro limite.
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