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Goal.com – “Quando vado in giro a gustarmi le bellezze di Napoli sono sempre Dries, mai Mertens”: per tutti, semplicemente, “Ciro”. E basta: perché il rapporto tra il belga e i napoletani è sempre stato viscerale, profondo e intriso di quel simbolismo che va ben al di là delle radici personali. Azzera le distanze: Mertens, in un certo senso, è come se fosse nato sotto il Vesuvio. Guai a dire il contrario.
L’estate del 2013 rimarrà sempre uno spartiacque importanti per i colori azzurri: dal Real Madrid arrivano Gonzalo Higuain e José Maria Callejon, dal PSV, invece, un giocatore che a detta di qualcuno no avrebbe fatto “più di otto partite da titolare”. In nove anni, di presenze totali, ne collezionerà trecentonovantasette. Che scritto senza usare termini numerici fa ancora più effetto.
Quando si è iniziato a parlare del suo rinnovo in pochi, pochissimi avrebbero pensato allo scenario che si è concretizzato tra fine giugno e le scorse ore, culminato con l’annuncio di Aurelio De Laurentiis che ha messo fine al caso: “Mertens non ritornerà”. Tra lo stupore generale. Ci aveva provato, come raccontato al Corriere dello Sport a gennaio, in tutti i modi: perché Dries da Napoli non avrebbe mai voluto andarsene. “Ho l’asso nella manica: invece di andare in giro a buttare soldi per comprare un attaccante nuovo, gli concedo la possibilità di tesserare mio figlio”: l’ultimo arrivato lo chiamerà Ciro. Non a caso.
Non è bastato: la storia d’amore tra Mertens e il Napoli finisce con un altro numero importante, quello dei goal messi a segno in maglia azzurra, centoquarantotto. Mai nessuno come lui nella storia del club. “I dollari? Non mi interessano: mi basta Napoli”, aveva detto dopo l’addio di Lorenzo Insigne, direzione Toronto, cucendosi addosso quello stemma e quei colori che neanche la fine del contratto riuscirà mai a togliergli. E per tutti sarà Dries, il belga rinato sotto il Vesuvio. A tutti gli effetti napoletano.
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