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A 360°, Arturo Diaconale, ne ha per tutti, nel suo intervento alla trasmissione radiofonica “Laziali On Air”. Nell’intervista, fa un bilancio dei suoi primi mesi a Formello: “Ho trovato un clima buono in verità, non vengo da un’esperienza sportiva nel mio passato. Al momento sono consigliere di amministrazione della Rai e continuo a fare un giornale politico come L’Opinione. Pensavo di trovare una situazione più tesa e complicata, invece ho scoperto che all’interno della squadra c’è un clima molto buono, con una partecipazione sentita da parte di tutti i giocatori ad un’avventura che mi sembra stia andando più che bene, con una compattezza ed una lealtà reciproca che non mi aspettavo di trovare. Grandi in questo senso sono i meriti dell’allenatore. Simone Inzaghi si sta comportando benissimo, in maniera molto accorta, misurata e intelligente senza rinunciare ad un pizzico di audacia, perché puntare su così tanti giovani non era affatto scontato. C’è poi l’azione di un vero professionista come Angelo Peruzzi e di una società che può essere contestata quanto si vuole, ma che ha portato questa società da un abisso nel quale sembrava destinata a finire, ad una stabilità che ne fa una delle realtà più solide del panorama calcistico nazionale. Di questo bisogna dare atto al presidente Lotito e a tutti i suoi collaboratori, a partire dal direttore sportivo Igli Tare, che quest’anno in particolare ha messo in mostra grande acume in sede di campagna acquisti. Mi sono inserito in punta di piedi in questa famiglia, rendendomi conto di quelle che sono le necessità ed aprendo la società alla comunicazione e al dialogo”. Nella lunga chiacchierata, ha parlato anche del modo di fare comunicazione della Lazio. Dato che si ha l’impressione, che è tornata ad essere più considerata dopo anni di chiusura al mondo esterno. “Me lo sono domandato il perché e mi sono dato anche delle risposte. Va detto che la Lazio ha vissuto negli ultimi anni per lungo tempo in una sorta di stato d’assedio. Le responsabilità di questa situazione vanno a mio avviso divise equamente. Di certo una contestazione così forte, quasi perenne, porta anche a blindarsi in un fortino da cui non si ha poi tanta possibilità e neanche voglia di uscire. Sto lavorando in questo senso aiutato anche dai risultati sul campo, che sono determinanti per creare un clima diverso. La gente lentamente inizia a tornare allo stadio, attorno alla società e alla squadra si avverte un entusiasmo che un anno fa pareva del tutto impensabile. A fare la parte determinante in questo sono però i giocatori in campo, la comunicazione in questo senso può aiutare, ma non è decisiva”. Sulla questione stadio-tifosi; il mini-abbonamento è un primo passo importante per agevolare i tifosi. Anche l’iniziativa degli Under 14 a 1 euro era parsa un’idea vincente. Ci sarà modo nelle prossime partite di riattivare questa bella iniziativa? “Io credo che sia un’iniziativa che possa essere ripresa, ma dipende anche dalle decisioni che prenderà il marketing e chi è preposto a fare queste scelte. Una politica di riavvicinamento e di agevolazioni di questo tipo mi sembra comunque già avviata, ma al di là dei prezzi, che sicuramente incidono, il problema dello stadio credo sia di clima generale. Si deve ricreare un clima di festa che consenta alle famiglie di tornare e che possa eliminare ogni tipo di rischio di incidenti e di pericoli per la sicurezza. Credo che questo sia il primo dei fondamentali fattori che possano riempire di nuovo gli spalti. A contribuire allo svuotamento dello stadio, che riguarda l’Olimpico in particolare, ma tocca tutti gli impianti italiani, ha contribuito il clima generale di preoccupazione per le condizioni di sicurezza in Europa. Tensioni che per troppo tempo si sono viste all’interno degli stadi. Mi sembra che ci sia un’inversione di tendenza che al momento può essere valutata positivamente”. Ci sono però anche problemi logistici importanti. Parcheggiare a chilometri di distanza fa diventare difficoltoso portare allo stadio anziani e bambini. In altre città prefiltraggio e controlli sono molto meno invasivi rispetto a quelli allo stadio Olimpico. “Che ci siano delle oggettive difficoltà per entrare allo stadio è ovvio e nessuno lo può nascondere. Sono difficoltà che nascono da due fattori. Uno generale di sicurezza e di ordine pubblico, riguardo al quale non si può far altro che riconoscerle e prenderne atto. L’altro fattore riguarda le condizioni particolari dello stadio Olimpico, unico nel panorama italiano che ha costretto chi si occupa di sicurezza a prendere misure che rendono difficoltoso l’accesso all’impianto. Le particolarità della struttura creano problemi che a San Siro, a Milano, non si creano. Lì esiste quella separazione delle curve che a Roma è stata imposta dopo alcuni casi come gli incidenti in Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, vicende che hanno portato a una serie di misure a causa di uno stato d’allarme lanciato anche dagli ultimi incidenti verificatosi a Bergamo coi tifosi della Roma”. Ha chiuso poi parlando della diatriba del 1915. La vicenda sullo Scudetto del 1914/1915 sta arrivando ad una fase culminante. Come si sta muovendo la Lazio e che posizione sta assumendo in merito, per quello che è un volere popolare come stabilito dalla petizione e dalle 33.000 firme raggiunte? “Ci sono tre livelli da valutare. Innanzitutto quello Scudetto è sacrosanto, lo hanno dimostrato le carte. In seconda battuta ritengo che quello Scudetto la Lazio lo abbia già moralmente acquisito. Nella stele che abbiamo inaugurato il 4 novembre, nel giorno dei caduti, non siamo riusciti ad inserire neppure tutti i nomi dei ragazzi laziali che hanno dato la vita per la Patria. Il terzo livello riguarda i rapporti istituzionali. Il presidente Lotito fa parte del Consiglio Federale come consigliere. Come società vogliamo quello Scudetto e lo rivendichiamo, ma Lotito deve essere giudice terzo nella vicenda. Essendo il presidente molto rispettoso verso la legalità si muove con grande cautela, ma senza ombra di dubbio lotteremo per avere ciò che ci spetta”. Da laziale, quali sono i tre momenti più belli vissuti nella sua vita? “Ognuno ha i suoi, il primo l’ho vissuto da bambino, quando mio padre trasferito per lavoro a Padova mi portò a vedere la Lazio giocare. In una scuola in cui venivo massacrato per il mio accento romano, il tifo per la Lazio era un fattore ancor più distintivo. Tra l’altro la Lazio, pur subendo la forza del Padova di Nereo Rocco, vinse segnando in contropiede con Selmonsson e fui l’unico laziale sugli spalti ad esultare. Poi l’anno magico, lo Scudetto del 1974 con Maestrelli e Chinaglia e quindi la Lazio di Fascetti. Il gol di Poli contro il Campobasso, che fece svanire l’incubo di piombare in un baratro da cui difficilmente la squadra sarebbe riemersa. Anche quella fu una Lazio eroica”.
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